Dicono di noi

Dicono di noi

23 agosto 2012 —   pagina 04   sezione: Nazionale

di Pier Giorgio Pinna SASSARI «Degenerazioni nell’assistenza ai malati di Alzheimer sono frutto del disinteresse dei politici: ecco perché, dopo un caso grave come quello di Ittiri, occorrono contromisure, a cominciare dalla riapertura del Centro sperimentale di San Camillo». Gianfranco Favini interviene per denunciare i processi allarmanti che hanno favorito anomalie e irregolarità. Ozierese, 64 anni, tributarista a Sassari dove vive da tempo, Favini è il presidente sardo dell’Associazione volontari contro l’Alzheimer. «I fatti messi in luce dall’autorità giudiziaria sui maltrattamenti ai pazienti e sulle terapie utilizzate mi hanno spinto a riflettere. Ora più che mai sono convinto che certi fenomeni non si sarebbero verificati se l’attenzione sulle demenze fosse sempre stata alta”, sostiene. “Non mi occupo di politica, ma sotto questo profilo ho notato un’inerzia diffusa, trasversale: il che è inconcepibile, dato che nell’isola ci sono 15mila malati di Alzheimer, 3.500 dei quali nella sola provincia di Sassari _ aggiunge _ L’unica che ha seguito la questione, tanto da inserirla nei progetti regionali d’assistenza, è stata l’ex assessore alla Sanità Nerina Dirindin: caduta la giunta Soru e andata via lei, le cose hanno cominciato a cambiare, sempre in peggio». Per quali ragioni, esattamente? «Le Unità valutative sul territorio dell’isola non sono supportate in maniera adeguata _ risponde Favini _ E per quanto riguarda l’area territoriale nella quale si sono sviluppate le indagini abbiamo assistito a situazioni preoccupanti. L’Asl 1 e l’Azienda ospedaliero-universitaria sassarese , che nel suo programma non si è posta neppure il problema di questo genere d’assistenza provocando il ridimensionamento dell’Uva diretta dalla dottoressa Maria Rita Piras, hanno mostrato un disinteresse sconcertante». «E il caso più eclatante è proprio quello del Centro di San Camillo, sulla vecchia strada che da Sassari porta a Sorso, di cui ero il direttore volontario _ spiega il presidente regionale dell’associazione _ L’avevamo arredato noi spendendo 40mila euro. Per ammissione di tanti specialisti, era uno gioiello. In 4 anni ha assistito oltre cento pazienti che non pagavano alcuna retta, caso rimasto unico in Sardegna. Il Centro forniva importante aiuto anche ai familiari, pure loro seguiti dalla stessa équipe di psicologi e neurologi chiamati all’opera su basi esclusivamente professionali. E aveva, sempre in regola, tutti i requisiti operativi». Ma poi che cos’è successo? «Il 31 maggio 2011, nonostante le raccomandazioni contrarie dell’allora assessore regionale Liori, la struttura è stata chiusa dall’Asl 1, alla quale costava 90mila euro all’anno. 15 malati e 12 dipendenti hanno dovuto lasciare la sede, proprietà dell’azienda – informa Favini – A San Camillo è sopravvissuto solo il nostro centro di ascolto, attivo per i parenti delle persone affette da Alzheimer il martedì e il giovedì, dalle 10 alle 12». «Dopo che sono stati resi pubblici dettagli drammatici sulle accuse mosse agli indagati di Ittiri, sono rimasto sconvolto dalle dichiarazioni del direttore generale dell’Asl 1, Marcello Giannico, sulle ragioni che hanno portato all’assegnazione di una sede per esponenti dell’associazione al centro dell’inchiesta: ma come, mi sono detto, questo stesso manager non è mai venuto a vedere il Centro di San Camillo, e invece in quell’altra circostanza si è mosso», afferma Favini. «Da quando all’Asl 1 è cessata la direzione Mele, in questa azienda come in altre dell’isola è subentrato un disinteresse profondo, esteso alle gestioni manageriali: e a pagare naturalmente sono gli ammalati e i loro parenti». Quali le contromisure, allora? «La lotta contro le demenze deve ridiventare un punto chiave nell’agenda della giunta regionale _ afferma in definitiva il dirigente dell’associazione di volontari – E uno dei primi passi dovrebbe appunto essere la riapertura del Centro di San Camillo. Io stesso, ancora una volta, l’ho sollecitata anche in luglio scrivendo una lettera a Giannico. Il risultato? Per il momento non ho ricevuto risposta».

30 novembre 2011 —   pagina 30   sezione: Sassari

L’Associazione Alzhaimer di Sassari comunica che continua ad operare il centro di ascolto di San Camillo dalle ore 10 alle ore 12 di ogni martedì e giovedì, per fornire gratuitamente sostegno, informazioni, consulenze legali e psicologiche. Telefono 079254722.

19 maggio 2005 —   pagina 22   sezione: Sassari

SASSARI. È allarme per l’unità valutativa Alzheimer dell’Università di Sassari che da anni segue i malati di demenza. L’associazione Alzheimer ha convocato per sabato alle 17,30 una riunione nella sala del centro di ascolto a San Camillo e ha invitato i familiari dei malati. L’argomento non è dei più incoraggianti: «Non ci sono più fondi per l’assistenza medica».
 «La nostra equipe – spiega Gianfranco Favini, presidente dell’associazione di volontariato Alzheimer – ha lavorato da diversi anni facendo quasi volontariato puro, vista l’esiguità delle borse di ricerca. Quest’anno non è stato concesso alcun finanziamento».
 L’associazione chiede una mobilitazione generale da parte dei familiari dei pazienti e di tutti coloro che si trovano ad affrontare i disagi causati dall’Alzheimer. Sono previste nei prossimi giorni una serie di manifestazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica: martedì 24 davanti al Palazzo Rosa dell’Asl in via Monte Grappa. Mercoledì in PIazza d’Italia. Giovedì in Piazza Marconi e Venerdì a Ozieri, davanti all’ospedale Segni.

17 marzo 2005 —   pagina 21   sezione: Sassari

 SASSARI. «Alzheimer e società» è il titolo del convegno in programma domani, alle 17, nell’aula magna della Facoltà di Scienze naturali (via Vienna 4). Organizzato dai Lions (Castelsardo e Sassari Host), dall’Associazione mogli medici italiani e Jaguar Sardegna, il convegno prevede gli interventi della neurologa Rita Piras (Centro Alzhemier università di Sassari) e di Gianfranco Favini, presidente dell’associazione Alzheimer nonchè responsabile del centro d’ascolto San Camillo di Sassari. Gli obiettivi dell’iniziativa sono scientifici e sociali. Il dibattito, infatti, intende promuovere e favorire le conoscenze e i metodi tecnologici più avanzati a disposizione delle famiglie dei malati di Alzheimer e divulgarli al pubblico presente all’incontro. Ma anche realizzare un momento di promozione culturale per dare nuova speranza ai malati e ai loro familiari.
 Fra gli argomenti al centro del convegno l’individuazione del ruolo di un portatore della malattia nella società per valutare le effettive possibilità di inserimento. Uno spazio importante sarà dedicato al ruolo della ricerca scientifica e alla possibilità di garantire ai malati di Alzheimer una completa integrazione nel sociale. Ultimo, ma non per questo meno importante, l’eliminazione di alcuni fra i più diffusi pregiudizi sulla malattia.
L’iniziativa vede insieme Lions, Associazione mogli dei medici e la Jaguar Sardegna con lo scopo di fornire un’informazione corretta e puntuale.

25 settembre 2005 —   pagina 23   sezione: Sassari

 SASSARI. Uno spiraglio per i malati di Alzheimer e le loro famiglie. C’è l’impegno dell’Asl a trasformare il secondo piano del San Camillo in un day hospital. L’ha annunciato Gianfranco Favini, presidente dell’associazione provinciale Alzheimer, al convegno organizzato nell’aula magna della facoltà di Medicina. L’accordo è stato raggiunto con il manager dell’Asl Bruno Zanaroli e il direttore sanitario Giorgio Lenzotti.
 Il centro diurno sorgerà nel complesso già esistente alle porte della città. Opererà in regime di day hospital e nella fase iniziale potrà accogliere 20 pazienti in due turni da 10. La capacità di accoglienza dovrebbe crescere in una seconda fase, ma al momento si tratta solo di ipotesi. La formula dovrebbe essere quella del comodato gratuito e la gestione potrebbe essere affidata a una cooperativa sociale. Per i dettagli bisognerà aspettare, ma il presidente Favini ha precisato che l’intenzione è quella di far partire il centro in tempi stretti. Una boccata d’ossigeno per i pazienti, ma anche per le famiglie su cui ricadono impegno e costi di un’assistenza costante. Non sarà il primo centro specialistico, altre strutture, infatti, lavorano su questo fronte. Gianfranco Favini ha ripercorso le tappe più importanti che dal 2003, anno di costituzione dell’associazione sassarese, portano all’attuale campagna di sensibilizzazione. Fra queste merita una menzione speciale la nascita del centro d’ascolto (unico nell’isola) che in due anni di attività ha fatto registrare dati allarmanti. Dei 9 mila pazienti presenti in Sardegna, 1.300 hanno già contattato il centro di viale Mameli per un totale di oltre 200 famiglie. Ma la situazione sarda rispetta il trend nazionale e mondiale se si considera che in Italia i malati di Alzheimer sono almeno 500 mila e 25 milioni i casi nel mondo. Lo scenario disegnato da Lucia Valtancoli, consigliere nazionale dell’associazione Alzheimer, concede poco spazio all’ottimismo. 4,6 milioni di nuovi casi ogni anno con un’incidenza di 23,8 per mille. Ogni sette secondi, nel mondo, viene diagnosticato un nuovo caso del morbo. Per far fronte alla malattia è necessario attivare un sistema integrato, coordinato da un responsabile, in grado di dare risposte immediate. È l’opinione di Giulio Rosati, preside della facoltà di Medicina e direttore della clinica neurologica: «La questione – spiega il preside Rosati – può essere affrontata efficacemente solo in un’ottica di sistema, con il concorso degli enti locali e dell’Azienda sanitaria». Si punta sull’assistenza domiciliare integrata (Adi), ma la strada è piena di difficoltà. L’altro problema è la mancanza di operatori specializzati. Lo ha detto anche l’assessore comunale ai Servizi Sociali, Cecilia Sechi, quando ha parlato di possibili rimedi nell’immediato. Spaventano le ricadute sociali legate alla rapida diffusione di questo male subdolo e difficile da diagnosticare. La nascita del centro diurno a Sassari, potrebbe contribuire a lenire la sofferenza dei malati e il disagio delle famiglie.
Antonio Meloni

30 luglio 2006 —   pagina 17   sezione: Sassari

 SASSARI. Passo decisivo per la realizzazione del centro diurno di San Camillo per i malati di Alzheimer. Gianfranco Favini, presidente dell’associazione Alzheimer Italia di Sassari, ha incontrato il direttore generale della Asl nº 1, Bruno Zanaroli. Sono state confermate, nell’occasione, le prospettive tracciate nella conferenza (nella foto) tenutasi nella sede della direzione generale della Asl alla presenza dell’assessore regionale alla Sanità, Nerina Dirindin. L’associazione Alzheimer ha presentato un progetto per la gestione del centro che dovrebbe decollare entro dicembre, con la fine dei lavori fissata a fine settembre.
 «Si tratta di un progetto predisposto nei minimi particolari dal comitato scientifico composto da medici, che opera all’interno dell’associazione – rimarca il presidente Favini -. Si evidenzia, in questa iniziativa, l’attività del centro a supporto del malato e della famiglia, con sistemi di assistenza giornaliera, dal lunedì al sabato di ogni settimana, nel campo della riabilitazione cognitiva, fisioterapica e psicologica per il malato e nell’assistenza psicologica ai familiari». Nell’incontro con il direttore generale dell’Asl si sono individuati nei particolari gli aspetti che caratterizzeranno l’apertura del centro alla fine dell’estate. Il centro diurno integrato sarà ospitato al terzo piano della struttura di San Camillo, su una superficie di 1.200 metri quadrati. I locali, ristrutturati a spese dell’Azienda sanitaria locale, verranno ceduti al’associazione in comodato gratuito. L’ufficio tecnico della Asl ha già presentato alla direzione generale un progetto parziale per la ristrutturazione dei locali, con termine dei lavori previsto per la fine di settembre, con la gestione della struttura affidata a una cooperativa sociale, costituita dalla stessa associazione Alzheimer, che offrirà assistenza a quindici malati, avvalendosi delle prestazioni di personale altamente qualificato. L’associazione provvederà, con propri mezzi finanziari, ad arredare il centro e per finanziare la gestione stipulerà una convenzione con l’Asl. «In seguito a un preciso accordo con Bruno Zanaroli e con il preside della facoltà di Medicina, il professor Giulio Rosati, la sede dell’unità valutativa Alzheimer della clinica Neurologica dell’università di Sassari verrà provvisoriamente trasferita nei locali del futuro centro diurno integrato – sottolinea Gianfranco Favini – Il manager della Asl ha dimostrato interesse per l’iniziativa e ha dichiarato che il tutto verrà realizzato nei tempi programmati, raggiungendo di fatto un accordo con noi. La crescita dell’associazione si è manifestata, nel novembre 2005 nel centro di ascolto di Olbia, presso la residenza «Sole di Gallura». Tra l’altro siamo reduci dalla costituzione dell’associazione Alzheimer Italia di Nuoro-Sassari, di cui sono il vicepresidente. Proprio in sede di istituzione del sodalizio, ho avuto modo di incontrare il direttore generale e il direttore sanitario della Asl di Nuoro, con i quali sono stati discusse le problematiche delle demenze ed è stata valutata la necessità di creare centri diurni integrati nel Nuorese. Il positivo esito di questo confronto ha consentito l’attivazione del partenariato dell’associazione Alzheimer Sassari con la Provincia, il Comune e la Asl di Nuoro».
 L’attività dell’associazione Alzheimer, impegnata sul fronte di una patologia che determina un grave processo degenerativo del cervello, coinvolgendo nelle problematiche di assistenza i familiari di coloro che ne sono colpiti, si rivolge sempre più alla costituzione di strutture associative su tutto il territorio regionale, mediante la creazione di centri d’ascolto per le famiglie (uno è operativo a Sassari dal 2004) e di centri diurni integrati. Ed entro il 2006, su questa traccia, dovrebbe diventare realtà la federazione Alzheimer Sardegna. (m.d.)

28 marzo 2007 —   pagina 25   sezione: Sassari


 SASSARI. Un parente anziano privo di autosufficienza è un peso che troppe famiglie non riescono più a sostenere. Si finisce irrimediabilmente per declinare vicino alla soglia di povertà. Costi di gestione esorbitanti, pochissima assistenza, 15 mila malati di Alzheimer nell’isola, 1500 nella sola Sassari, ai quali si aggiungono i dementi, gli autistici e i reduci da ictus. Tagli alla sanità e coperta cortissima. Insomma, un quadro devastante. Il programma sperimentale “Ritornare a casa” è una piccola boccata d’ossigeno.
 La giunta regionale ha stanziato 15 milioni di euro per incentivare la domiciliarità dei servizi. Più specificatamente il progetto “Ritornare a casa” potrà contare su 5 milioni di euro da distribuire tra i vari comuni per gli anni 2006-2007-2008. Quelli del 2006, non ancora utilizzati, restano da spendere in futuro. Per gestire questa iniziativa, che è in stretta armonia con il potenziamento del servizio Adi (Assistenza Domiciliare Integrata), è stata istituita una commissione tecnica, composta da otto persone con esperienza nel settore o facenti parte di associazioni degli utenti. Sette sono di Cagliari, l’unico sassarese che ne fa parte è Gianfranco Favini, presidente dell’Associazione Alzheimer. Dice: «Mi sono battuto in prima persona per l’approvazione di questo progetto. E’ inutile che numerosi pazienti rimangano dentro le corsie degli ospedali gravando sulla comunità con costi elevatissimi, o vengano lasciati in residenze per anziani dissaguando il reddito delle proprie famiglie. O ancora peggio vengano assistiti dai parenti in casa perché non ci sono i soldi per soluzioni alternative. Una famiglia lasciata da sola non è assolutamente in grado di far fronte a un impegno di energie così intenso e snervante come quello richiesto da un malato terminale di Alzheimer. E’ un progressivo logorio che non dà tregua. Si può reggere per mesi, poi si impazzisce. Una via d’uscita, un’opportunità in più era doverosa e necessaria». Infatti moltissime famiglie, adeguatamente sostenute, sarebbero ben felici di riprendere con sè e occuparsi del proprio caro affetto da handicap. E questo consentirebbe un risparmio alle amministrazioni di 30 mila euro all’anno di mantenimento in Rsa, comunità alloggio o residenze protette per singolo ospite. Il programma “Ritornare a Casa” funziona così: la persona non autosufficiente o destinata a diventare tale che desidera, ed è in condizioni, con il supporto di adeguati servizi socio-sanitari, di ritornare in un ambiente di vita familiare, può inoltrare direttamente, o attraverso un familiare di riferimento, la domanda per un progetto personalizzato. La deve presentare nel proprio comune di residenza. L’ente lo fa rimbalzare all’Asl e alla Regione (Assessorato igiene e sanità e politiche sociali). Entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta, il comune attiva la procedura per predisporre il progetto, il quale dovrà essere pronto dopo altri 30. In 60 giorni devono essere messi nero su bianco gli impegni concordati tra Asl, comune, paziente e famiglia. Se tutto fila per il verso giusto, la famiglia potrà contare su un contributo economico che varia a seconda della gravità della malattia e dal reddito e dal calcolo dell’Isee (Indicatore situazione economica equivalente). Mettiamo che il livello di intensità assistenziale necessario sia medio. Il paziente cioè ha una parziale perdita di autonomia e non può svolgere da solo parte delle attività quotidiane. In questo caso il finanziamento può arrivare a un massimo di 8000 euro all’anno. Se invece il livello di assistenza richiesto è elevato, il contributo sarà di un massimo di 12 mila euro. Infine, se il malato accusa una grave perdita di autonomia e non è in grado di muoversi e necessita di un’assistenza molto elevata, il programma “Ritornare a Casa” stanzia 20 mila euro all’anno. «Con questi soldi una famiglia potrebbe ad esempio permettersi l’assunzione di una badante a tempo pieno – dice Favini – non tutti possono permettersi, allo stato attuale, di sottrarre 800 euro dal bilancio per pagare uno stipendio. Eppure una badante allegerisce l’impegno e lo stress di una famiglia».
 Un’altra novità è l’imminente apertura del primo centro diurno integrato a San Camillo. 1200 metri quadrati dell’ex ospedale psichiatrico verranno adibiti per ospitare pazienti con grossi problemi nelle capacità cognitive: Alzheimer, autistici, dementi ecc. Dal lunedì al sabato le famiglie potranno usufruire di un servizio di day-hospital capace di ospitare 20 pazienti. Potranno lasciare il loro parente affetto da patologia nelle mani di 2 neurologi, 2 infermieri professionali, un fisioterapista, e un musico-terapista e 6 operatori socio-assistenziali. «Attraverso la sinergia tra Asl, Regione e Comune – dice Favini – riusciamo a fornire questo ulteriore aiuto ai familiari in maniera del tutto gratuita».
Luigi Soriga

24 giugno 2009 —   pagina 26   sezione: Sassari

 SASSARI. Il Centro diurno integrato di San Camillo compie due anni. Nell’occasione, il presidente dell’associazione Alzheimer Gianfranco Favini ha fatto il punto della situazione con il direttore dell’assessorato alla Sanità Franco Trincas.
 I dati sono allarmanti, sono ben oltre duemila i malati nella provincia di Sassari e altrettante famiglie sono colpite a livello umano e sociale da questa tragedia.
 Il presidente Favini ha messo in evidenza le carenze socio-assistenziali e sanitarie. Le Unità Valutative Alzheimer (U.V.A.), dovrebbero essere il punto di partenza per poter effettuare diagnosi precoci, ciò non è possibile a causa della carenza del personale qualificato a svolgere le prime analisi per la patologia. Si verificano, infatti, lunghe liste d’attesa che costringono i malati e i familiari ad aspettare la prima diagnosi anche per sei mesi. In particolare sono state sottolineate le carenze dell’U.V.A della Clinica Neurologica dell’Università di Sassari che fa capo all’Azienda mista, in cui i volenterosi ma pochi operatori si sacrificano in un opera di alto valore umano a favore dei familiari e malati. I Centri diurni integrati nella provincia di Sassari che operano per i servizi al malato e di sostegno per le famiglie sono soltanto due: il Centro diurno Sperimentale di San Camillo gestito in partenariato tra l’Associazione Alzheimer e l’Asl n.1, l’altro centro è gestito dalla Fondazione del San Giovanni Battista di Ploaghe.

05 agosto 2009 —   pagina 20   sezione: Sassari

 SASSARI. L’associazione Alzheimer, alla quale l’Asl ha prorogato il contratto, continuerà a gestire il Centro sperimentale di San Camillo. Il Centro è nato nell’aprile del 2007 e assiste ogni giorno diciotto pazienti affetti da demenze, ma nel corso dell’ultimo anno ne sono transitati 31. A loro e ai familiari è offerto sostegno psicologico, informazione, formazione e consulenza medica.
 «In provincia ci sono oltre duemila malati di Alzheimer – dice Gianfranco Favini, presidente dell’associazione – e il problema tocca soprattutto le famiglie». Per questo motivo, l’associazione vorrebbe «che l’esperienza di San Camillo non rimanesse unica». Da qui l’impegno per l’apertura di altri centri simili ad Alghero e a Ozieri.
 «La struttura di San Camillo – è il parere del direttore generale dell’Asl, Giovanni Battista Mele – deve mirare a diventare un centro punto di riferimento per il nostro territorio, per i malati e le loro famiglie». Il Centro sperimentale ha una superficie di ottocento metri quadrati suddivisi in diciassette stanze, ristrutturate dalla Asl con un investimento di duecentomila euro (30mila sono stati spesi dall’Associazione per gli arredi e le attrezzature). L’Asl l’anno scorso ha finanziato l’attività dell’associazione con un contributo di oltre 230 mila euro. A fronte di questo hanno fatto seguito prestazioni per un totale di 3.699 giornate. Il Centro offre un servizio diurno di assistenza socio sanitaria e riabilitativa al paziente colpito dalla malattia, quando questa si presenta nello stadio iniziale e intermedio. Qui ai malati, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, personale qualificato offre accoglienza, attività di riabilitazione neuropsicologica, neuromotoria, comportamentale e occupazionale.
 In Sardegna sono in aumento i casi di demenza senile e di malattia di Alzheimer. L’Asl ha messo a disposizione dei pazienti le proprie Unità di valutazione Alzheimer di Ozieri, Sassari (attivata a marzo del 2008 nel distretto sanitario di via Zanfarino) e Alghero (attiva dal 2008 nei locali del poliambulatorio di via degli Orti).

30 gennaio 2010 —   pagina 25   sezione: Sassari

 SASSARI. Torna la paura del ridimensionamento nel Centro sperimentale per la riabilitazione delle demenze e dell’Alzheimer, costituito nel 2007 e affidato dalla Asl all’associazione Alzheimer Sassari. La struttura rischia di diventare semplice centro diurno.
 Gianfranco Favini e Gioi Ferreri, presidente e vice presidente del sodalizio, ieri hanno chiesto al sindaco Gianfranco Ganau di intervenire affinché la Asl continui a sostenere la struttura diurna «che affronta oggi un momento di grossa difficoltà – si legge in una nota -. Il Centro ha ottenuto dalla Asl di operare in proroga sino al 28 febbraio, ma dopo questa data non c’è nessuna certezza sul futuro dei 19 pazienti attualmente seguiti da dodici operatori specializzati (tra cui due neuropsicologi e un fisioterapista) e dai numerosi volontari». «In Italia esistono solo altre due strutture come la nostra – ha spiegato Favini durante l’incontro – in grado di fornire un’assistenza completa ai malati».
 Il Centro Sperimentale di San Camillo si avvale di personale altamente qualificato che opera con i malati di Alzheimer, offrendo assistenza per la riabilitazione neuropsicologica, neuromotoria e comportamentale, fornisce anche consulenza psicologica ai familiari. La crescita esponenziale della malattia nel Nord Sardegna é causa di gravi disagi per le famiglie (circa duemila nel territorio quelle coinvolte). È elevato il costo umano, sociale e sanitario del paziente perché progressivamente privato di ogni capacità cognitiva e di ogni abilità fisica.
 Il malato di Alzheimer ha necessità di sorveglianza assidua e aiuto costante. «Il nostro centro – ha proseguito Gioi Ferreri – offre un valido e prezioso aiuto alle famiglie sulle quali ricade la gestione del malato. Ecco perché il suo ridimensionamento potrebbe portare a conseguenze disastrose».

07 novembre 2010 —   pagina 27   sezione: Sassari

 SASSARI. Rischia la chiusura definitiva il Centro Diurno Integrato Alzheimer di San Camillo. Nonostante una convenzione con la Asl infatti, dall’ultima riunione del consiglio direttivo è emerso che i fondi a disposizione sono finiti.
 «L’idea era di tenere aperto il Centro almeno sino al 30 dicembre, data in cui dovrebbe essere rinnovato il contratto – dice il presidente Gainfranco Favini – ma le modalità previste dalla legge sanitaria 2006/8 provocherebbero disavanzi di gestione a cui l’associazione non può fare fronte, visto che le sue risorse finanziarie si sono del tutto esaurite nel corso del 2010 per mantenere inalterate le condizione di eccellenza del Centro. Con grande rammarico dobbiamo prendere atto del fatto che è ineluttabile porre fine a questa esperienza».
 All’inizio della vicenda gli organizzatori si erano battuti con svariate azioni di protesta per ottenere sostegno dall’azienda sanitaria, dalla Regione e dagli enti locali in modo da poter proseguire l’attività. La convenzione era stata infine rinnovata. Anche se il Centro, nato come Sperimentale e di Riabilitazione Globale per Demenze e Alzheimer, era stato declassato a Centro Diurno Integrato.
 «Ora però non ci sono più i soldi. Eppure ne basterebbero pochi, molto pochi, perché un gruppo, sia pur esiguo, di malati abbia cure adeguate, le loro famiglie sollievo e conforto e gli operatori lavoro».
 Perciò il presidente e il consiglio direttivo dell’associazione Alzheimer Sassari rivolgono l’ultimo appello «a quanti hanno promesso il loro aiuto, hanno espresso la volontà di cercare di superare le enormi difficoltà di un bilancio comunale, provinciale o regionale in crisi profonda. Diversamente il 30 novembre il Centro Alzheimer di San Camillo chiuderà i battenti e un altro pezzo della sanità di Sassari e provincia, un altro tentativo di sperimentazione, sarà lettera morta».

01 maggio 2011 —   pagina 22   sezione: Sassari

 SASSARI. Rischia la chiusura il Centro Alzheimer di San Camillo. Dopo la scadenza del contratto di convenzione con la Asl, risalente giusto a ieri, scattano tre mesi di proroga concessi dal direttore generale Marcello Giannico per tentare di ricucire un rapporto che negli ultimi anni si è fatto davvero problematico. I margini di discussione, però, sembrano ridotti perchè l’azienda sanitaria «non intende pagare più del dovuto prestazioni già offerte da altre strutture presenti nel territorio».
 1Una doccia fredda per l’associazione presieduta da Gianfranco Favini che nel 2007 aveva dato vita a un centro sperimentale per la riabilitazione dei malati di Alzheimer. L’inziativa aveva preso piede in affiancamento al centro territoriale di valutazione della clinica Neurologica dell’università che poi era stato trasferito di nuovo in viale San Pietro. Da quel momento, e con vari cambi di guardia al vertice della Asl, l’esistenza stessa del centro ha cominciato ad essere messa in discussione. È dei giorni scorsi l’ennesimo appello dell’associazione che nei locali dell’ex ospedale di San Camillo, messi a disposizione gratuitamente dalla Asl, tratta circa 15 pazienti al giorno.
 Gli educatori, gli psicologi e gli assistenti che quotidianamente accolgono i malati e li trattengono per la riabilitazione dalle 9 del mattino alle 17 del pomeriggio temono adesso di perdere il lavoro e di non poter assistere i pazienti e aiutare le rispettive famiglie. «Per i pazienti non c’è alcun problema – dice il manager Giannico – perchè nel territorio operano due strutture specializzate e accreditate per l’erogazione delle stesse prestazioni offerte dal Centro Alzheimer che sarebbero pronte ad accoglierli anche oggi. Il problema sta proprio in questo punto. L’azienda non può permettersi di procrastinare una convenzione con una struttura privata a condizioni più onerose rispetto a quelle in essere con le altre».
 In sostanza il Centro di San Camillo per continuare ad esistere dovrà rinunciare a una serie di agevolazioni di cui ora gode. A cominciare dai locali («che a rigore non sarebbero neppure a norma», commenta Giannico), dalle utenze relative al gas e all’energia elettrica e per finire con il contributo per ogni prestazione che fino a ieri era del 70 per cento e che secondo gli amministratori della Asl («e secondo la legge») non può superare il 50 per cento. Condizioni che il Centro Sperimentale, diventato poi centro Diurno, difficilmente potrà sostenere. I soci infatti hanno già chiesto alla direzione il rimborso delle spese sostenute nel marzo del 2010 per i pasti dei pazienti e per le pulizie, cosa a cui la Asl ha già escluso di poter acconsentire.
 Insomma, una situazione estrema e il grande dispiacere dei lavoratori che non sanno quali spiegazioni dare alle famiglie degli ammalati per le quali il centro era diventato indubbiamente un importante punto di riferimento. Secondo loro solo se, con interventi annuali straordinari, la Asl coprirà le spese, sarà possibile tenere aperto il centro di San Camillo. «Siamo disposti perfino a cederne la gestione, gli arredi e le attrezzature acquistate dall’associazione – ha confermato il presidente Gianfranco Favini -, pur di avere la certezza che ai malati Alzheimer non venga meno la qualità delle cure, e ai familiari il sollievo di saperli assistiti e amati dal personale per buona parte della giornata». Aggrappati ad un filo di speranza, i responsabili sperano in un risvolto positivo in questi mesi che li separano da una chiusura pressochè certa. Ma il direttore generale dell’azienda sanitaria sembra irremovibile: «Se ne può parlare a patto che la struttura dimostri di essere efficiente dal punto di vista economico».

04 maggio 2011 —   pagina 21   sezione: Sassari

 SASSARI. «Non abbiamo debiti verso terzi. Certo è che i nostri fondi si sono esauriti e adesso c’è soltanto da sperare nell’intervento della Asl». Sono le parole del presidente dell’associazione Alzheimer Gianfranco Favini che oggi incontrerà il manager dell’azienda Marcello Giannico.
 Il caso del centro di riabilitazione per i malati di Alzheimer torna alla ribalta dopo la scadenza della convenzione con la Asl risalente al 30 aprile. Poche ore prima infatti era stato lanciato l’allarme da parte dei soci che nel 2007 avevano avviato il centro sperimentale nell’ex ospedale di San Camillo. «A queste condizioni non possiamo più andare avanti – dicono – è necessario che il nostro centro sia considerato a tutti gli effetti un Centro diurno e di riabilitazione globale così da consentire, come prevede la deliberazione regionale del 22 febbraio 2011, agli ammalati di essere assistiti gratuitamente dalla Asl che verserà un contributo giornaliero di 60 euro». Attualmente, a partire dal febbraio dell’anno scorso, il contratto in vigore con la Asl è stato modificato e il contributo giornaliero è versato dall’azienda sanitaria per il 50 per cento. Il restante 50 per cento è a carico dell’ammalato o del Comune quando l’utente ne abbia diritto.
 I più i soci dell’associazione Alzheimer chiedono che la Asl rimborsi le spese sostenute da marzo del 2010 per i pasti e per le pulizie dei locali, locali dati gratutitamente dall’azienda ma arredati dalla onlus. Se è vero dunque che i bilanci dell’associazione sono in pari, e che i 12 dipendenti sono sempre stati pagati regolarmente, è altrettanto vero che i soci si sentono beffati per il mancato rimborso, fatto che getta il Centro nell’impossibilità di proseguire l’attività.
 «La beffa consiste nella lettera, nero su bianco, con la quale l’assessore regionale Liori invitava l’allora commissario Manca a provvedere alle spese per i pasti e le pulizie. Un invito clamorosamente disatteso».
 Oggi i soci e i dipendenti sperano di avere buone notizie nel corso dell’incontro con il direttore generale Giannico. (g.g.)

https://www.lanuovasardegna.it/sassari/cronaca/2021/05/09/news/alzheimer-l-odissea-dei-malati-e-delle-famiglie-1.40254517

Cinquemila pazienti in difficoltà con liste di attesa che superano i dodici mesi Gianfranco Favini: «Mancano le Unità di valutazione e l’assistenza è deficitaria»


«Le liste di attesa superano, ormai, i dodici mesi per accedere a una diagnosi precoce – dice il presidente dell’associazione Gianfranco Favini –. La malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza hanno importanti conseguenze sociali, in termini di bisogni sanitario-assistenziali e di sofferenza psicologica del malato e del familiare. I problemi riscontrati sono sempre gli stessi: numero insufficiente delle unità di valutazione, un’insufficiente politica sociale e finanziaria per assistenza alle famiglie, centri diurni per l’ospitalità ai malati, lungaggini burocratiche per l’accesso ai finanziamenti alle famiglie con la presenza delle disabilità». Proprio il ruolo della famiglia sta diventando centrale, negli ultimi anni: «La rivista internazionale Science cita la famiglia come il principale luogo di cura della demenza – aggiunge Favini –: i congiunti del malato sono la “cura” che funziona meglio con le loro attenzioni, la presenza, l’organizzazione. I farmaci per la memoria funzionano all’inizio della patologia, ma da soli non possono certo garantire la salute, il benessere, il mantenimento delle capacità funzionali, lo stimolo quotidiano al malato. La famiglia, della persona con un disturbo neurologico della memoria, diviene quindi importante “strumento” di cura, ma ha bisogno di supporto».
 

Favini chiude evidenziando i servizi offerti dall’Associazione: «A questo proposito, assume importanza il Centro di ascolto della nostra Associazione, che, con una equipe di specialisti, fornisce l’occasione ai familiari di non sentirsi abbandonati e soli. Nei nostri diciotto anni di vita abbiamo fatto tanto, organizzando incontri formativi, gruppi di auto-aiuto, confronti con consulenti psicologici per affrontare “il peso” della malattia. Le attività del nostro Centro seguono linee ben precise e programmate e dallo scorso anno abbiamo potenziato l’assistenza domiciliare. Inoltre ci siamo confrontati con le istituzioni e in particolare con l’assessorato regionale alla Sanità, instaurando una proficua collaborazione su diversi temi: politiche sociali più incisive per le famiglie, la costituzione della commissione per le malattie neurodegenerative e i progetti per costituire i centri diurni» .

https://www.lanuovasardegna.it/sassari/cronaca/2021/01/17/news/alzheimer-liste-d-attesa-di-un-anno-nelle-uva-1.39788000

L’associazione chiede attenzione verso i malati e le famiglie: «Con il Covid acuiti i loro disagi»

 
SASSARI. Grido di allarme dall’associazione Alzheimer Sassari: con l’emergenza Covid i cinquemila malati della provincia di Sassari hanno dovuto subire ulteriori ritardi nell’accesso alle “liste di attesa” nelle Uva (Unità di valutazione Alzheimer), che hanno una carenza di organico specialistico. «Le liste di attesa superano, ormai, i dodici mesi per accedere a una diagnosi precoce», è la denuncia dell’associazione che nel suo centro di ascolto, periodicamente, riceve richieste di aiuto da familiari dei malati disperati e lamentele «per l’inadeguatezza di risposte esaurienti da parte di strutture sociosanitarie del nostro territorio».

Secondo l’associazione il numero delle Unità di Valutazione Alzheimer è insufficiente così come sono insufficienti i servizi e le risorse finanziarie per l’assistenza alle famiglie. È un quadro a tinte fosche quello che fa Alzheimer Sassari con pazienti e familiari lasciati spesso soli a combattere contro la malattia. Infatti continuano ad essere inesistenti i Centri diurni per l’ospitalità ai malati e ugualmente insufficiente è il numero di Rsa nel territorio regionale. Poi ci sono le lungaggini burocratica per l’accesso ai finanziamenti alle famiglie con la presenza delle disabilità. «La famiglia attraversa le varie fasi della malattia, con difficoltà, cercando di adattarsi: dalla comunicazione della diagnosi alla consapevolezza della cura e di supervisione continuativa, fino alla necessità di risolvere una serie di problemi organizzativi, economici e gestionali – afferma l’associazione –. Questo comporta che i familiari devono dedicare più tempo, più energie fisiche (e psichiche) alla persona malata, alla quale cercano di garantire il massimo della cura. Sono frequenti le situazioni in cui figli e nipoti, soprattutto nelle famiglie numerose, condividono la gestione globale della cura, anche a prezzo della propria attività lavorativa e del tempo libero». L’associazione cita la rivista internazionale “Science’’ che in un articolo di pochi anni fa indicava la famiglia come il principale luogo di cura della demenza: «Venne evidenziato che i congiunti del malato sono la “cura” che funziona meglio per la persona demente, con le loro attenzioni, la presenza, l’organizzazione. I farmaci per la memoria funzionano all’inizio della patologia, ma da soli non possono certo garantire la salute, il benessere, il mantenimento delle capacità funzionali, lo stimolo quotidiano al malato». L’associazione continuerà a battersi perché i diritti dei malati possano essere assicurati.
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